Fase di rifinitura troppo carente, la Casertana deve 'aggredire' il campo

17.10.2016 10:04 di  Raffaele Cozzolino   vedi letture
Una fase della gara di ieri
Una fase della gara di ieri
© foto di Foto Giuseppe Scialla

La Casertana non sfonda per la seconda volta consecutiva al ‘Pinto’ e la sensazione è che il punto guadagnato in extremis contro la Reggina sia abbondantemente generoso. Un prova opaca della compagine guidata da Andrea Tedesco, che si lascia imbrigliare centralmente da una squadra amaranto molto raccolta e pronta a colpire grazie al costante attacco alla profondità. Sono in pochi a mettersi in luce, su tutti il giovane Carriero che, al di là del gol, mette tanto impegno, fame e determinazione. Anche quando sbaglia cerca di porre rimedio, una qualità che rappresenta una grossa marcia in più per un’atleta. Per il resto si è vista una squadra confusionaria, soprattutto quando sono arrivati i due svantaggi. Tanta grinta, è vero, ma da sola potrebbe non bastare per l’arco dell’intero campionato. Avanti serve maggiore incisività, cosa che Orlando fa fatica a praticare, soprattutto quando si gioca contro difese schierate: ha lasciato intravedere qualcosa di buono Corado, sul quale bisogna lavorare ancora molto. L’urgenza, però, pare calarsi definitivamente in una parte, che è quella di una squadra che trovi il giusto equilibrio tra il cercare di fare gioco ed il rendersi conto delle proprie effettive qualità. Abbiamo più volte scritto che la “migliore” Casertana s’è vista in fase di ripartenza, cosa che s’è vista in trasferte come Pagani e Lecce. La sensazione è che cambiando lo spartito, provando a costruire costantemente la manovra, si vada sempre incontro a palesi difficoltà nel trovare la giocata giusta in fase di rifinitura. Spesso Giorno ha avuto la palla buona per un tiro, per un passaggio decisivo ma (quasi) sempre si perde nell’indecisione. E’ ovvio che, come ha detto il capitano Salvatore D’Alterio, avere undici giocatori dietro la linea del pallone non sarebbe un bel vedere ma c’è qualcuno che diceva che il fine giustifica i mezzi, per di più in un calcio che si sta evolvendo sempre di più nella cura della fase passiva, per poi aggredire il campo che si è lasciati a disposizione.